• di Laura Turrini
La storia diOlmesOgnibene e dei suoi trattori non è quella classica del collezionista appassionato. È una storia singolare e affascinante, che ha radici profonde e trova il suo fondamentonellapassioneautentica per tutto quello che è meccanica, nelle suemolteplici evoluzioni. Olmes Ognibene oggi ha 87 anni ed è il proprietario di un’azienda specializzata nel settore oleodinamico nel Reggiano, a Mancasale. Un’azienda leader in Europa, che dà lavoro a oltre 500 persone e ha sedi anche in India, Cina, Brasile. E per costruire “il suo sogno”Ognibene è partito dal niente. O meglio, è partito proprio dal suo smisurato amore per lameccanica. Figliodicontadiniecresciuto nella campagna emiliana, fin dall’infanzia Ognibene è conquistato dal mondo dei trattori. Ma solo nel ’45, in seguito al ritorno in patria dopo la deportazione in un campo di concentramento tedesco, il giovane Olmes inizia a dedicarsi ai motori. Partendo dalla demolizione dei relitti bellici e dividendosi tra campi e lavori saltuari, Ognibene in un paio d’anni riesce a mettere insieme a Fazzano (Correggio, Re) la sua prima carioca, nel 1948. E nel giro di qualchemese la vende a un astigiano durante la Fiera di Gonzaga. «All’epoca erano pochi i trattori con le gomme.Quando quel tale si fermò, volle avviare personalmente la macchina e,presalamanovella, lafece girare piano per sentire la compressione. Poi si convinse emi disse che era perfetto per rimpiazzare il suo trattoreconleruoteinferroe sostituire i cavalli. L’accordo fu presto fatto, a un prezzo di 330.000 lire». Ma questo fu solo il suo primo trattore. La filosofia di Ognibene, infatti, è sempre stata quella di osservare ciò che mancava o che era richiesto dal mercato per poi provare a costruirlo. Così sono nate tante altre macchine, alcune delle quali Olmes ha poi ricomprato e che oggi tiene gelosamente custodite.
Le carioche
«La prima carioca mi ha fatto guadagnare molti soldi subito, ma la seconda me ne ha fatti guadagnare un po’ per volta ogni giorno, per tanto tempo». Ogni bene si riferisce a un bellissimo esemplare a gasogeno (alimentazione a legna), al quale attaccò una macchina per tagliare l’erba. Un’unione che si rivelò redditizia fin da subito per lui, che di giorno lavorava per le aziende agricole e di sera insegnava ai giovani il funzionamento del trattore. «Questo modello non l’ho mai venduto, è sempre rimasto con me, l’ho portato anche all’Eima di Bologna qualche anno fa, è un esemplare unico. È dotato di una potenza di 25/28 CV, di una velocità di circa 15 km/h e di un’autonomia di 3/4 ore per lavori da traino. Una volta esaurita l’autonomia, era necessaria un’ora e mezzo circa per reintegrare il combustibile. Per costruirla, nel 1949, utilizzai materiale di recupero: vecchie automobili, camioncini, autocarri e residui bellici americani. All’alimentazione a gasogeno, che avevo visto tante volte in Germania, ho pensato vista la mancanza di altri combustibili ». Dal 1949 a tutto il 1957 Ognibene costruì anche un altro modello di carioca, adatta per lavorare la terra: ne modificò l’alimentazione (da benzina a petrolio) e dotò la macchina di presa di potenza per l’utilizzo di attrezzi agricoli e bloccaggio del differenziale. «L’ho fabbricata interamente con il materiale degli autocarri militari Fiat SPA 38 e SPA Dovunque». Il modello che Ognibene ci mostra l’ha ricostruito lui stesso nel 2002 2003.
Trattori e carrelli
È poi del 1952 l’idea di modificare il trattore agricolo La Piccola della Fiat, un modello completamente idraulico, aggiungendo sulla parte anteriore del trattore una pala per il trasporto di materiali edili. Idea portata avanti da Ognibene fino al 1958, quando ritoccò perfino un trattore Same Centauro. «Questo trattore era dotato di invertitore di marce – chiarisce – andava quindi alla stessa velocità sia in avanti che in retromarcia, a circa 25 km/h. Io pensai di realizzare una pala frontale di 1m3 di capacità sulle ruote motrici, zavorrando la parte anteriore della macchina. Il trattore così modificato veniva usato dai muratori per trasportare cemento, mattoni e diversi altri materiali. A distanza di 40 anni sono riuscito a recuperarne uno nella zona di Scandiano (Re), tra l’altro ancora in ottime condizioni». Nel 1954 Ognibene ha un’alta intuizione: mancavano automezzi adatti al trasporto dei trattori cingolati su strada, così «ho ideato e costruito anche diversi portacingoli, fino ai primi anni Settanta. Questo carrello – ci mostra – che ho ritrovato a Cavola (Re) e avevo costruito nel 1958, era idoneo al trasporto di FL 8 e FL 10 (Fiat) con pala caricatrice. Adatto alle zone montagnose, aveva il cambio con riduttore 8 marce e freni su tutte le ruote, portava fino a 120 q e poteva circolare sulle autostrade, raggiungendo anche i 40 km/h». Il funzionamento avveniva con la presa di forza del cingolo tramite le cinghie e la puleggia. Le richieste furono moltissime, tanto che Ognibene, per collaudare tutti i carrelli che gli venivano commissionati, costituì nel ‘55 la società Cingolcar.
Ripper e non solo
Continuando la visita al suo museo personale, Olmes esibisce anche un rompizolle, recuperato a San Martino in Rio. «Negli anni ‘60 i trattori non avevano ancora le prese di forza adatte per le zappatrici, così ho creato questo rompizolle con tre rulli, due dei quali comandavano il terzo aumentando i giri tramite un cambio inserito sulla macchina. Questo attrezzo doveva essere trainato da un cingolato di almeno 50 CV e, fino all’uscita di prese di forza per zappatrici, fu l’unico dispositivo adatto alla preparazione dei terreni per la semina. Ho venduto centinaia di esemplari costruiti in questo modo». Vicino al rompizolle c’è una macchina particolare. «È dello stesso periodo – spiega– e si chiama ripper: con la corazza dei carri armati che venivano demoliti se ne potevano ricavare i denti. I ripper si montavano solo su cingoli di grande potenza e venivano richiesti nel nascente settore della produzione delle ceramiche per scavare l’argilla. Allora non avevo concorrenza e riuscivo a venderli anche a 600 o 700.000 lire l’uno». L’esemplare di cui Ognibene è tornato in possesso, costruito nel 1962, all’epoca era destinato a un Caterpillar D7 da 200 CV. «L’ho riacquistato a Rondinara (Scandiano, Re), pagandolo due volte tanto rispetto al prezzo a cui l’avevo venduto ». Nel parco macchine di Ognibene troviamo anche un caricatore idraulico per vinacce con motore elettrico, costruito nel 1963 e pensato per semplificare il caricamento a mano delle vinacce. «Per sistemarne 100 quintali su un camion – spiega – si impiegavano solo 30 minuti. L’ho ritrovato anche questo nel Reggiano». Ed è con il caricatore che si conclude la collezione di Ognibene, anche se le macchine da lui ideate e costruite furono molte altre, come i pianali per il ribaltamento dei carri trasportatori di uva e pomodori, le sonde prelevatici di mosto che ne verificavanolagradazioneolemacchine spaccalegna. Tante sono anche le sfilate e le fiere a cui ha partecipato con le sue creazioni nel corso degli anni. Insomma, un’intera vitadedicataaimotori, agricoli e non, che nel 2000 ha portato Olmes Ognibene a ricevere il titolo di Commendatore Cav. Uff. della Repubblica Italiana. Una passione che non rallenta con l’età e che regala ancora a Olmes l’entusiasmo e la gioia di vivere.
ALLA RICERCA DEL PRIMO TRATTORE
C’è una stanza della Ognibene Spa che si differenzia da tutte le altre. È piena di attrezzi, prototipi, ricordi, e al suo centro campeggia lo scheletro del primo trattore di Olmes Ognibene. Non è quello originale, ma una riproduzione identica, che Olmes sta tentando di ricostruire con lo stesso materiale di partenza. «L’acquisto principale per la costruzione di questa carioca – racconta Ognibene – è stato il motore Fiat 501, costruito nel 1916 e costato all’epoca 10.000 lire. Lo andai a ritirare a Mandriolo di Correggio in bicicletta, facendomi prestare i soldi da mio zio. Il materiale e i pezzi di carrozzeria che mi occorrevano li recuperai in parte da vecchi mezzi usati in guerra e in parte da un tale Gandolfi di Correggio, che demoliva vetture danneggiate negli incidenti. Da lui presi i parafanghi, il cofano, il cruscotto e la frizione del Ford, mentre acquistai l’assale anteriore da un’altra persona, Aldo Benedetti». Ognibene recuperò inoltre in un magazzino anche il cambio del Ford 8V, il differenziale Bet Ford e un riduttore Chevrolet per camion. «Costruivo il trattore di sera dopo il lavoro nei campi, in una piccola stalla alla luce di una lampada. Non fu semplicemontare un trattore di quel tipo, con parti meccaniche e di carrozzeria raccolte qua e là. Per l’assemblaggio dei vari pezzi, ad esempio, usavo dei bulloni, perché le parti unite da una saldatura non erano molte. Durante la revisione del motore poi, smontai tutte le parti e controllai attentamente i supporti; per farli diventare lisci usai della carta a grana 400, da carrozzieri, oltre a una fune di canapa». Il motore fu trasformato a petrolio, perché all’epoca la benzina scarseggiava. Un suo pregio, racconta Olmes, erano le marce veloci: riusciva a raggiungere anche i 40 km/h. La potenza era di circa 22/23 CV e il peso di 12 q. «Il giorno in cui finii il trattore – ricorda – non lo dimenticherò mai: era il 14 marzo 1948, il mio venticinquesimo compleanno. Fui costretto a smontare tutte le parti imbullonate perché il trattore non usciva dalla porta della stalla! Impiegai due o tre giorni per rimontarlo e, finalmente, avviarlo. In seguito per l’avviamento montai poi una manovella». Non ci si stupisce nel sentire raccontare Ognibene che la gente lo osservava con più stupore e ammirazione allora, alla guida del suo trattore, che non oggi alla guida di un’auto di lusso. «Questo trattore è una delle più grandi soddisfazioni della mia vita, ricostruirlo è il mio passatempo e ritrovare il modello originale è uno dei miei desideri più grandi. Secondo alcune indicazioni che ho ricevuto dovrebbe ancora essere nella zona di Asti, sto tentando di rintracciare il proprietario». E alla domanda sulla cifra che pagherebbe per rientrarne in possesso la risposta è quasi ovvia: «Qualsiasi cifra, e anche di più».