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COMPRARE E AGGIUSTARE

 

È questa la passione di Guglielmo Dradi, nel Forlivese, per far rivivere i pezzi d’epoca

 

• di Cristiano Riciputi

 

«Quando ho visto questo trattore dal demolitore l’ho riconosciuto subito: era identico al Farmall DGD4 che la mia famiglia acquistò nel 1953. È stato come tornare indietro di quasi 60 anni. E non ho potuto fare a meno di comprarlo». Così Guglielmo Dradi, collezionista di trattori d’epoca di Forlì, descrive il suo ultimo acquisto. Ma in realtà si è trattato di una ‘doppietta’: dato che il demolitore aveva due esemplari di questo modello di International Harvester e considerato che nessuno dei due era in perfetto stato, per sicurezza Dradi ha deciso di prenderli entrambi «così da ricavarne uno perfetto utilizzando solo pezzi originali. Al demolitore, della zona di Argenta, in Provincia di Ferrara, non è parso vero di poterli vendere in coppia». Dradi, che possiede un’azienda agricola di una decina di ettari, abita nella bassa forlivese, a pochi chilometri dal capoluogo. Nel capannone ha una ventina di trattori d’epoca, tutti funzionanti. Lo spazio non è molto e per lo più rimangono fermi nel proprio ‘posteggio’, «ma ciclicamente faccio sgranchire loro i pistoni utilizzandoli in campo sia per lavori leggeri, sia per qualcosa di più impegnativo come l’aratura ». Quando lo intervistiamo, Dradi è alle prese con la sistemazione dei due Farmall e combatte il freddo invernale con un bel fuoco che si sprigiona dal fondo di un fusto di olio improvvisato come braciere. «Nel 1953 mio padre e mio zio acquistarono il DGD4, 37 cavalli di potenza, per un milione e 730mila lire. Erano davvero tanti soldi, se si pensa che un’autovettura, la 600 Fiat ad esempio, a fine anni ’50 costava 640mila lire e, per restare nel campo dei trattori, il mitico Fiat 25 si portava a casa con 500mila lire in meno, attorno a un milione e 200mila. Perché allora i Dradi comprarono il Farmall? In quel momento piaceva di più, gli consigliarono che era migliore e, non ultimo, un venditore era di queste parti. Succede un po’ anche adesso: dove c’è un rivenditore, nelle campagne circostanti ‘vanno molto’ i trattori della casa costruttrice di quel rivenditore. Dradi ha deciso di smontare il motore di un esemplare e di montarlo sul pianale dell’altro. Con l’aiuto di un amico tornitore ha rifatto alcuni pezzi usurati, compresi i freni. Quando ha portato a casa i due trattori dal demolitore, dopo una prima sommaria pulizia del serbatoio e dei filtri, è riuscito ad avviarli entrambi, segno che, pur sotto la ruggine, non avevano perso del tutto la propria funzionalità.

 

La “salvezza” nei fiumi

La passione di Dradi è quella di comprare e aggiustare, far rivivere i pezzi d’epoca. Pur apprezzando i trattori moderni, indispensabili nei lavori quotidiani in azienda, non risparmia critiche ai mezzi che mettono al centro di tutto l’elettronica. «Certo, danno tanta sicurezza, versatilità, permettono di fare cose impensabili. Però viene meno il rapporto diretto con la macchina. Quando c’è qualche problema, si accende una spia, suona un allarme e l’unica cosa che si può fare è chiamare l’assistenza. A volte, anche per un intervento che sarebbe banale, non si può fare a meno di chiamare l’assistenza della casa madre in quanto smontare un trattore moderno è un’impresa per super esperti. Tornando a quelli d’epoca, poche volte Dradi ha comprato qualcosa che fosse già perfetto e non si è mai dedicato al commercio. «La mia passione è iniziata negli anni ’80 e va detto che allora c’era tantissimo materiale in giro. I prezzi erano stracciati perché la gente voleva disfarsene, così come i demolitori. Oggi non è più così: di materiale in giro ne è rimasto ben poco e quello che c’è viene venduto a caro prezzo. I Super Landini li demolivano a 200mila lire, in pratica erano venduti a peso. Fino a qualche tempo fa molti trattori vecchi, soprattutto Landini, maanche Fiat, si sono ‘salvati’ in quanto utilizzati per azionare le pompe d’aspirazione nei canali e nei fiumi. Hanno continuato a funzionare lì, per anni e anni, e sono quegli esemplari che al giorno d’oggi si riescono a recuperare e restaurare ». Nei pezzi da collezione di Dradi vi è un Landini Super dei primi anni ’40. Dal peso di circa 35 quintali, una potenza di 47 cavalli, combustibile gasolio e una cilindrata di 12200 cc, il Super della Landini ha fatto la storia dell’agricoltura italiana, soprattutto per le operazioni di aratura e trebbiatura e nelle grandi opere di bonifica portate avanti a partire dagli anni ‘30. Le ruote in ferro gli conferiscono un caratteristico aspetto massiccio. «È un testacalda e in questo sta tutto il suo fascino. Nella mia collezione – spiega ho diversi altri trattori d’epoca i cui motori hanno comunque una concezione moderna, col ciclo diesel. I testacalda invece, essendo usciti di produzione da oltre 50 anni, sono i più preziosi, in tutti i sensi. Ogni tanto lo accendo e non è difficile, basta scaldare la calotta al punto giusto. Sembra uscito ieri dalla casa madre». Il Super destinato al lavoro nei campi era dotato di un cambio meccanico a tre marce e una retromarcia con velocità che vanno da 3 km/h a 8 km/h, mentre la versione industriale per i trasporti su strada disponeva di una quarta marcia in grado di raggiungere una velocità superiore. Una “meteora” nel panorama dei costruttori italiani fu Rossi di Bologna che assemblava trattori utilizzando motori Raimondi. «In Emilia, così come nell’area di Castelbolognese e Faenza erano piuttosto diffusi. Il mio esemplare risale alla metà degli anni ’50. È una buona macchina in ottimo stato di conservazione ».

 

Pezzo americano

Un pezzo pregiato della collezione del forlivese Dradi è un Fordson F del 1941. La costruzione del Fordson iniziò verso la fine della prima guerra mondiale negli Stati Uniti e, successivamente, furono attivati degli stabilimenti anche in Europa. I modelli europei si distinguevano da quelli americani per qualche ‘accessorio’ in più come i parafanghi e ruote in ferro con spuntoni diversi. Un altro Landini della collezione è il 44 Major di fine anni ’50. Era un 8.000 di cilindrata, per una potenza di 44 cavalli e un peso di circa 27 quintali. Dradi è molto affezionato anche al Lanz Bulldog D3506 del 1950, un 45 cavalli alimentato a gasolio che pesa attorno ai 25 quintali per una cilindrata di 10.340 cc. «Per questo trattore vale il discorso già fatto: qui da noi, in Romagna, era pressoché sconosciuto, penso che nessuno lo avesse, mentre in Trentino e in Alto Adige era diffusissimo. Questo è normale, in quanto era di costruzione tedesca e probabilmente, in quelle aree, vi erano diversi rivenditori di tale casa». Un altro pezzo datato è il Fiat 700BVdi fine anni ’30 primi anni ‘40. Pur avendo 70 anni, Dradi non lo considera eccezionale in quanto «è un 4 cilindri in linea, nulla di straordinario insomma dal punto di vista meccanico. È comunque una macchina che ha accompagnato la fatica di tanti agricoltori e, per certe operazioni come ‘aratura’, ha permesso una maggior efficienza rispetto alle lavorazioni eseguite con la razione animale ».

 

Nostalgia e burocrazia

Dradi è associato al Madi, Macchine agricole di ieri, associazione forlivese fondata nel 1992, sulla scia della sorella maggiore Gamae di Reggio Emilia. Grazie a questi sodalizi la cultura dei trattori d’epoca, e soprattutto del mondo rurale del passato, specchio di quello presente, viene fatta conoscere al grande pubblico. «Fino a qualche anno fa – dice con un certo rimpianto – organizzavamo delle vere e proprie sfilate nelle città. La gente rimaneva estasiata. Ricordo con nostalgia una serie di serate in piena estate sulla Riviera romagnola, quando i turisti rimanevano a bocca aperta di fronte ai nostri gioiellini. Oggi le passeggiate, così chiamavamo l’andare in qualche città limitrofa per strada, non le proponiamo più. Troppe limitazioni dal punto di vista burocratico, troppi rischi, troppi dubbi sulle coperture assicurative. E questo ci penalizza, ma soprattutto toglie la possibilità a tanta gente, soprattutto ai più giovani, di vedere da vicino macchine che hanno contribuito a raggiungere il progresso che tutti noi oggi viviamo. Restano le manifestazioni fisse, nelle piazze o nelle fiere, per le quali trasportiamo i nostri trattori antichi cui carrelli».

 

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