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FILO DIRETTO CON LA ORSI

 

Leitmotiv della collezione di Gianluigi Berri è la produzione della storica azienda di Tortona (AI)

 

• di Francesco Bartolozzi

 

Un legame forte, storico, che nasce anche da una sorta di riconoscimento verso un'azienda che ha fatto tanto per la meccanizzazione agricola in Italia e per il paese di Tortona (AI) in particolare. Praticamente da sempre Gianluigi Berri, nella Tenuta Piccagallo in quel di Pontecurone (AI) nell'azienda che fu di suo padre e che oggi tuttora conduce, ha visto lavorare i trattori della Orsi Pietro e Figlio, storica ditta di Tortona fondata nel 1881 e operativa fino al 1964, anno della sua chiusura. A onor del vero, va detto che i Serri, clienti fidati della Orsi, a un certo punto dovettero rottamare i trattori della casa piemontese, perché ormai vecchi, e solo la passione e la nostalgia indussero Gianluigi Serri dalla metà degli anni Ottanta a iniziare l'opera di recupero dell 'intera collezione (a oggi possiede 32 modelli). Una passione sostenuta e condivisa dal figlio Simone, senza comunque trascurare anche altri marchi come ad esempio Subba e MotoMeccanica. Soprattutto macchine italiane, quindi, ma non mancano quelle straniere. Il legame con la Orsi è dunque di clientela, ma soprattutto di stima e di amicizia che continua tuttora con i due pronipoti ancora in vita, Luigi e PierFausto Orsi (il terzo, Roberto, è deceduto 12 anni fa). Amicizia che ha portato anche a iniziare un progetto ambizioso di un museo a Tortona, che è in attesa di essere ultimato, anche se è già aperto al pubblico e contiene 14 delle 34 macchine che rappresentano la produzione della Orsi. «Come logica - conferma Serri - miro al recupero di mezzi italiani: Orsi, Subba, MotoMeccanica e Fiat. Ho venti macchine Fiat e New Holland tuttora attive, perché l'azienda ha fatto parte delle ditte campione dei Centri di meccanizzazione Fiat».

 

Circa 130 pezzi in tutto

Serri è un vero appassionato, che delle sue macchine conosce tutti i particolari, soprattutto quelli meccanici. E ci tiene a dire che sono tutte revisionate e funzionanti. In totale ha messo insieme circa 130 pezzi. Prima di addentrarci nella collezione Orsi, segnaliamo alcune rarità di altri marchi. A partire da un pezzo raro, un OM a pioggia da 25 cavalli del1910 (<<con un regime di 360 rpm - spiega Serri - a differenza dei successivi Orsi, Subba e Landini che arrivavano già a 550 rpm»), per continuare con i Subba UL3 25 cavalli e UT3, un Campagnolo da 27 cavalli, una Fiat 211 a cingoli e un MotoMeccanica RD 98, motore bicilindrico a due tempi, con il compressore. «Questo può essere considerato l'antesignano del turbo - racconta Serri - e se ne trovano pochi con il motore due tempi MotoMeccanica . A fungere da turbo è un compressore che immette aria nei cilindri all'inizio della fase di compressione. Purtroppo, si trattava di aria fredda che a contatto con le alte temperature del motore con il tempo finiva per usurare le fasce». Sempre con motore MotoMeccanica si segnala anche un R108, con distribuzione posteriore anziché anteriore. Chiudiamo il capitolo rarità italiane con il T111 , trattorino costruito dalla Piaggio (con motore da 175 cc), il Lombardini LDAT 90/2 (detto Castoro, un 24 CV cingolato tutto idraulico), il Landini 25 a vasca, il Landini 45 semicingolato, l'Ursus 45 CV (a ruote e cingolato) e l'Agrio da 25 CV a marchio Italtractor. Un breve accenno lo dedichiamo anche agli esemplari stranieri: David Srown, John Deere, Hanomag, Minneapolis, Ford, Fahr sono solo alcuni dei tanti marchi presenti, ma in particolare meritano una citazione dalla Germania uno dei primi Lanz, da 21 CV, e un Allgaier degli anni Cinquanta (a vasca), e dagli Stati Uniti un AIlis Chalmers, a ruote, da 18 CV, sempre degli anni '50.

 

Il museo

Veniamo ai pezzi "portanti" della collezione, in parte alloggiati nel museo allestito a Tortona, dove Luigi Orsi, pronipote del fondatore, ci ha gentilmente ospitato. Il museo è praticamente il capannone dove veniva lavorata la parte meccanica dei trattori prima di arrivare al montaggio, quindi un punto focale della costruzione delle macchine della Orsi Pietro e Figlio. Il "tour" non poteva che partire dalla prima macchina prodotta dalla Orsi, la locomobile per azionare la trebbia e la pressaforaggi. A questa seguì il primo trattore, cioè «il 30 cavalli degli anni Trenta - spiega Luigi Orsi - di proprietà Berri, con i radiatori laterali, particolare che infastidì la tedesca Lanz, per cui l'ingegner Luigi, mio padre, modificò il modello successivo, l'Orsi 40 CV, de11934, con radiatore frontale, cambio costruzione Orsi e altre componenti originali della ditta. Seguirono i cingolati (versione agricola e industriale) CD 30, con motore Perkins 3 cilindri, CDA 404 da 40 CV con motore Fiat 411 e CDA 454 da 50 CV con motore Perkins e pompa rotativa. Successivamente arrivò il Super 45 CV, con potenza maggiorata perché si andava più in profondità con gli aratri. Questo modello venne realizzato anche in versione "industriale", gommato e con pianale di guida totalmente diverso, marce più veloci e cabina. Nel 1938 arriva l'Artiglio 35 cavalli, a tre e quattro marce. Dopo l'Artiglio è il momento dell'Orsi Super RV (vedi riquadro) e nel dopoguerra nasce l'Argo, che risponde a necessità di aratura e trebbiatura. È il trattore più potente (55 CV) della Orsi, dotato di awiamento elettrico, sollevatore e bloccaggio differenziale, e sulla mascherina compaiono i due "ciclopi" con la scritta Argo, che sta a significare "A Ricordo Giuseppe Orsi" (e non, come creduto, il nome del mitologico cane di Ulisse). Dopo l'Argo, nasce l'Anteo (55-60 CV), uno dei primi cingoli a testa calda. Si presenta più grande e con mascherina anteriore rinnovata. Dopo l' Anteo e prima dei diesel - continua Luigi Orsi - bisogna ricordare che producemmo anche trattori più leggeri: 1'025 e 1'035. C'era sempre la novità dei ciclopi sulla mascherina, per abbellire e rendere più rotondo il trattore, e la ditta cominciava a rifornirsi sul mercato di diversi componenti, a differenza dei testa calda costruiti interamente all'interno . 035 e 025 rappresentano la fine dei testa calda, perché tutte le macchine successive avranno i motori diesel Perkins P3 e P4. Mi riferisco ai trattori 030 e 037 (rispettivamente a 3 e 4 cilindri) , nati dalla necessità di allargare o stringere la carreggiata. Si vede anche la presenza di un attacco per barra falciante. Inizia, in pratica, l'era del trattore moderno, con l'introduzione del sollevatore e di due prese di forza (ventrale e posteriore) . Dal 030 derivò anche il cingolato CD30, sempre con motore Perkins, e successivi» . In realtà, tra l'Anteo e 1'025 va ricordata anche la breve parentesi Astore, ma non fu mai visto di buon occhio dall'azienda tortonese. Dunque, il 030 è il primo trattore Orsi a ciclo Diesel, ma nella produzione Orsi non ci sono solo trattori. «Fa parte della nostra produzione - spiega Luigi Orsi - anche la mietitrebbia nelle versioni 800 e Super 802 (ne costruimmo circa 80 esemplari), con motore Perkins e testate da grano, da riso e da mais integrali » . La collezione di Berri comprende anche una ricca dotazione di ricambi e modelli per fusioni originali ed è corredata da ampia documentazione. Depliant originali, fotografie (da quelle dei Super Orsi pronti per la spedizione in Eritrea a quelle famose con Benito Mussolini sulle trebbie Orsi durante la battaglia del grano, dopo che la famiglia Orsi donò al regime tre treni completi, trebbia, pressa e trattore), contratti, pubblicità, praticamente non manca niente. «Domani - conclude Berri - vado a prendere un cingolato Orsi 455 con lama (costruzione Bendini e Frascaroli), dotato di motore 4 cilindri da 50 CV e pompa rotativa». La collezione continua...

 

 

RV, OVVERO L'AVVENTO DEL REGOLATORE VARIABILE

L'occasione della visita a Gianluigi Serri ci è utile per correggere quanto riportato sull'articolo "Testacalda mon amour" di Macchine e Motori Agricoli n. 4/2009, dove la sigla RV è stata erroneamente interpretata come retromarcia veloce. In realtà sta a indicare il regolatore variabile, pregevole invenzione di due dipendenti della Orsi nel dopoguerra, Giuseppe Allegri e Giovanni Rescia. È proprio Serri a sintetizzarci come funzionava. «In pratica, il regolatore è il dispositivo che mantiene la macchina costante che la si metta a 1.000 o 500 giri. Mentre nel Su per Orsi il regolatore era assiale dentro al volano, nell'RV portarono la regolazione del motore in questa scatola. Il principio era il medesimo, ma mentre nell 'assiale la regolazione era gestita dal livello di tensione delle molle, e quindi inevitabilmente poco precisa, qui era affidata a due contrappesi e un eccentrico. Sensibiltà del regolatore e senso orario di rotazione della macchina facevano sì che gran parte dei trebbiatori optasse per il motore Orsi». - F.B.

 

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