• di Francesco Bartolozzi
Sono tra i più accaniti che abbiamo mai incontrato, ma nel senso positivo del termine. Sono cioè i collezionisti puri, quelli che ci tengono ad avere i pezzi tutti originali, restaurati e mantenuti alla perfezione, e che sono quasi restii a far sapere agli altri le bellezze che tengono sotto il loro capannone. Perché in effetti il collezionista vero è geloso delle proprie conquiste e la sua passione la vive più per sé che per “apparire”. Nel caso specifico stiamo parlando dei fratelli Sandro e Mario Galimberti di Paderno Dugnano, a una ventina di chilometri da Milano. La passione per i trattori (ma non è l’unica…) ha la sua spiegazione nel fatto che i Galimberti hanno origini agricole, nel senso che fino a pochi anni fa erano agricoltori. «Abbiamo fatto gli agricoltori per tanti anni, giorno e notte – ricorda Mario – e avevamo anche un centinaio di animali. Quando i margini di guadagno si sono fatti troppo risicati, allora abbiamo deciso di smettere e di dedicarci a tempo piano all’attività degli spurghi. Attività che, comunque, avevamo iniziato già prima, a tempo perso, andando con botte e trattore a concimare i terreni con il letame. La terra che coltivavamo era tutta in affitto e facevamo anche lavori conto terzi, tanto che la prima mietitrebbia (una Fahr) che è venuta in Italia è stata proprio la nostra». Soci Gamae da sempre, i Galimberti sono riusciti a conservare in collezione qualche trattore appartenuto proprio alla loro exazienda agricola. E sono molto bene attrezzati anche come officina dove effettuare i restauri. «Smontiamo i trattori pezzo per pezzo – spiega Sandro Galimberti – pur sapendo che ci vuole tempo, perché non è facile trovare i pezzi originali, in particolare la vernice».
Una passione contagiosa
I Galimberti sono anche “contagiosi”. Nel senso che coinvolgono altre persone nella loro passione, da un loro operaio tuttofare (all’occorrenza elettrauto, meccanico, carrozziere) che dà loro una mano nei momenti di stanca (pochi peraltro) degli spurghi, al dipendente amministrativo, Sandro Bocchi, che segue tutta la parte burocratica per l’omologazione Asi dei trattori come macchine agricole d’epoca. «Dei circa 50 trattori in collezione – spiega Bocchi – ne abbiamo già 36 omologati e per altre 45 macchine mancano solo pochi dettagli per completare le pratiche ». Inutile dire che l’obiettivo è quello di omologarli tutti, nonostante i paletti burocratici sempre più fastidiosi. Ai Galimberti riesce particolarmente bene invogliare alla collezione chi gli sta intorno, perché la passione è partita da uno dei due fratelli, per poi convincere l’altro fratello, quindi alcuni dipendenti come detto e adesso anche i figli (Paolo, in particolare, figlio di Mario) con i nipoti. Bastano poche parole, del tipo “vedi, questo lo avevo io alla tua età”, e scatta la molla, che li ha portati a girare tutta Italia per arrivare a mettere in piedi questa splendida collezione. Loro molto modestamente la definiscono una collezione “troppo moderna”, perché il pezzo più vecchio (il Super Landini) è del 1945, ma le foto di questo articolo sono eloquenti nel testimoniare la straordinarietà di questi pezzi. «È un passatempo, un hobby personale – spiegano i fratelli Galimberti – che comunque ci porta a continuare a comprare quando troviamo qualcosa di interessante, anche se il lavoro con gli spurghi è davvero tanto e non ci consente di dedicarci come vorremmo a questa collezione». Ci hanno messo una ventina d’anni a mettere su questa collezione, che ha visto anche la costruzione di un apposito capannone dove sistemarli, finito quattro anni fa. E al momento hanno ancora una decina di trattori da restaurare.
Preferenza per gli italiani
Come detto sono circa 50 i trattori in collezione, italiani e stranieri, «con una leggera preferenza per i modelli italiani – spiega Sandro Galimberti – perché, a parte i materiali che erano scadenti, i trattori italiani erano i migliori. Prenda questo Same DA 25 del 1960: un 25 cavalli con motore diesel bicilindrico a iniezione diretta, raffreddato ad aria e soprattutto dotato di cambio con inversore, mediante il quale si potevano ottenere 4 marce avanti e 3 indietro. A quel tempo era un’innovazione che nessuno aveva mai apportato, per non parlare della presa di forza a doppia velocità». Tra i modelli italiani spiccano, numericamente parlando, i Landini e i Fiat. Si contano almeno 20 Landini (tra cui il Super Landini del 1945, due Landinette del 1957 e un 5560 del 1954), e 12 Fiat, tra cui un 600 in fase di omologazione, un 25R del 1951 e due Piccola 18 R del 1958 e del 1960. Ma non sono da meno, oltre al Same DA 25 citato prima, unOM615 in fase di omologazione, un Motomeccanica Balilla del 1952 e un Antonio Carraro 23 del 1960.
Dall’Inghilterra alla Germania
Tra i modelli stranieri il più “anziano” è un indistruttibile Fordson Major del 1948, ma non passa inosservato nemmeno il marchio inglese Nuffield, in particolare con due modelli Universal DM4 da 45 cavalli, che si differenziano per il motore: il primo, infatti, arrivato in Italia nel primo dopoguerra, ha ancora il Perkins 38 (un diesel che sostituì i precedenti propulsori a petrolio), mentre il secondo, che i Galimberti usavano nella loro azienda agricola, del 1957, ha un BMC diesel. «Il Nuffield era un trattore che viaggiava forte – ricorda Sandro Galimberti – era potente come il Fordson Major, ma più scattante e veloce, andava già a 2728 km/h, ed era un marchio che si vendeva bene sia in Italia che all’estero ». Come trattori che erano in dotazione all’azienda agricola Galimberti ci sono anche due Ferguson TEH 20, uno a petrolio del 1951 e uno diesel del 1952, mentre i due TE (del 1949 e del 1955, 20 cavalli, quattro cilindri, a petrolio, prodotti a Coventry, infatti TE sta per Tractor England) sono stati recuperati in seguito. Anche la Germania fa la sua parte nella collezione, con un Güldner ABN 10 del 1959 (25 cavalli, diesel, bicilindrico, già dotato di cambio sincronizzato e sospensioni anteriori), un Fahr D22 P del 1958 (in corso di omologazione, con motore bicilindrico Güldner da 22 CV) e un Lanz D2806 del 1955 (diesel, 28 cavalli, monocilindrico, prodotto praticamente subito prima dell’ingresso di John Deere nell’azienda di Mannheim). Non da meno i due austriaci Steyr, modelli 80 (del 1950, monocilindrico, 13 cavalli, motore con avviamento elettrico) e 180 (del 1947, bicilindrico, da 26 CV), recuperati a Piacenza, uno equipaggiato anche con falciatrice, entrambi di importazione italiana, comesi può dedurre dal cofano aperto ai lati (mentre in quelli prodotti in Austria il cofano copriva interamente il motore ai lati). La collezione Galimberti non si ferma qua. Sono infatti già in movimento per andare a ritirare altri due cimeli, e poi rimane il sogno nel cassetto dei modelli Landini a vasca. «Purtroppo nel collezionismo delle macchine agricole c’è da tribolare più che negli altri settori – concludono i fratelli Galimberti – perché spesso si corre e ci si dà da fare per poi non concludere niente. Ma non sarà certo questo a fermare la nostra passione ».