• di Francesco Bartolozzi
Dopo una serie di collezionisti
emiliani, con
qualche puntata in Piemonte
e in Campania, cambiamo
regione e, anche se non
ci allontaniamo troppo dall'Emilia,
sconfiniamo in
Lombardia. Per l'esattezza
a Revere, in provincia di
Mantova. Ma la cosa più
particolare riguarda il tipo di
collezione di cui parliamo,
perché questa volta a farla
da padrone non sono i trattori,
bensì i motori. Con una
finestra sulle locomobili (vedi
riquadro).
Gabriele Begnozzi, perito meccanico e fino al 1997 insegnante all'Istituto professionale industriale statale di Carpi (Mo), ha messo insieme qualcosa come 80 pezzi tra locomobili e soprattutto motori stazionari, che venivano usati indifferentemente in agricoltura e nell'industria a seconda delle esigenze. E da quando è in pensione (dal 1997 appunto) riesce a dedicarsi quasi a tempo pieno ai suoi gioielli. «La passione - spiega Begnozzi - è partita innanzitutto perché sono nato in un'azienda agricola, che tuttora seguo (50 ettari a frumento e mais, ndr). Sulla scia di mio zio e mio padre, appassionati di macchine, io ho continuato a seguire in particolare i trattori tedeschi, perché li ritenevo più avanti rispetto ai nostri. Erano strutturati in maniera diversa rispetto agli italiani e con i cambi ZF già allora sembrava di guidare un'automobile di adesso. Poi, attorno ai trattori c'era sempre molta "confusione", così mi sono via via spostato verso i motori, un campo non molto conosciuto in Italia». Ad appassionare Begnozzi è proprio la voglia di scoprire come si è evoluta la tecnologia dal punto di vista motoristico e il perché di certe scelte meccaniche. E questo fa sì che di pari passo con la collezione dei motori Begnozzi recuperi anche la documentazione e la letteratura sui motori. «II capire perché sono state applicate certe tecnologie mi intriga molto. Una volta, poi, la letteratura si recuperava andando in giro per i mercatini, oggi con l'awento di internet la trovi più facilmente». Le tante conoscenze accumulate negli anni anche grazie al Gamae, associazione di cui fa parte, all'Asi, della quale è commissario tecnico, e ai viaggi all'estero (Inghilterra, Francia e Germania sono preziose fonti) hanno permesso a Begnozzi di mettere insieme le sue rarità, ma trattandosi spesso di pezzi da sistemare (<<quelli che ad esempio arrivano dal Sudamerica - ci spiega - a volte sono in pessime condizioni »), Begnozzi si è anche attrezzato con una propria officina dove poter effettuare i lavori necessari.
Mono e bicilindrici
Come tipologia diciamo subito che Begnozzi colleziona quasi unicamente motori monocilindrici e bicilindrici. «I plurifrazionati non mi interessano e per quanto riguarda motori a gas o a benzina mi fermo ai primi vent'anni del secolo scorso, mentre con i testa calda, che sono stati costruiti anche in epoche successive, arrivo fino agli anni Cinquanta. E soprattutto è fondamentale la filosofia che sta dietro la mia collezione: le varie tappe della tecnologia, per cui si comincia con l'accensione a trasporto di fiamma (si trovano pochi esemplari al mondo di questa tipologia) nei motori ad accensione comandata, per proseguire con la fiamma continua o tubo caldo e i magneti a bassa e ad alta tensione. Altro elemento è l'evoluzione della regolazione del motore: oggi abbiamo le centraline, allora c'erano altri sistemi e anche qui si vede perché sono state fatte certe scelte da parte delle varie scuole (americana, inglese, tedesca). Ormai ho acquisito una tale esperienza che riconosco un motore a venti metri di distanza ». Premesso che non sarà possibile citare tutti i pezzi della collezione, entriamo subito nel vivo e partiamo proprio con il pezzo più importante. Tanto che Begnozzi ha fatto costruire un apposito rimorchio per sistemarlo. «È un Sulzer 2D33 del1911 usato nel settore industriale e si tratta del vero e proprio capostipite dei motori diesel. La produzione di questi motori della Serie D da parte dei Fratelli Sulzer era cominciata ne11904, dopo il debutto del motore Diesel nel1898 da parte di Man, Deutz e Krupp. I Fratelli Sulzer di Winterthur (Svizzera) produssero fino al1919 questa serie a olio pesante e iniezione pneumatica, da 60 Cv. La sigla indicava 2 cilindri, Diesel e 33 CV per cilindro, perchè era già un motore modulare, con un compressore per ogni cilindro». Accanto a questa pietra miliare Begnozzi possiede anche altri due motori particolari: l'americano Superior de11916, motore a gas da 40 CV specifico per i pozzi petroliferi, e l'italiano Bagnulo, monocilindrico, 4 tempi, prowisto di calotta esterna e senza pompa d'iniezione, ma solamente a caduta.
Pezzi rari dall'Europa
Cambiamo capannone e andiamo proprio in quello dedicato ai motori stazionari, con adiacente l'officina per le riparazioni. Suddividendo i pezzi più importanti per paese e partendo dall'Italia si segnalano un Deganello sul suo carrello originale (macchina piccola, ma affascinante, anche perché ce n'è solo una decina in tutta Italia tra piccole e grosse) e una serie di locomobili della Muzzi di Firenze. Dall'Inghilterra arrivano, invece, il National, motore con magnete oscillante, importato dalla Casali di Suzzara (Mn) per applicarlo sul proprio sgranatoio, e il Ruston M della Ruston & Hornsby, a 4 tempi (la scuola inglese sui motori testa calda orizzontali era tutta orientata sui 4 tempi). Dalla Francia si segnalano due motori Amadou di concezione Vilmorin, la cui caratteristica principale è rappresentata dai volani a raggi ricurvi e da un sistema particolare di regolazione della pompa di iniezione. Poi non si possono non citare il famoso Bolinder in versione industriale, motore testa calda per eccellenza, con due volani a raggi ricurvi e classica puleggia, e il Moes testa calda della Sift, che veniva usato nei mulini. Ritornando a Winterthur in Svizzera, assieme al Sulzer Begnozzi possiede anche un motore a gas sempre del 1911 della ditta Sim. Allora veniva usato nelle fabbriche per alimentare le macchine utensili o per lavorare direttamente con l'alternatore per la produzione di energia. da imbarcazione del Nord Europa. Andando oltreoceano, pezzi speciali collezionati da Begnozzi sono i motori americani testa calda, speciali perché in America poche ditte li costruivano. Citiamo quindi un Mietz & Weiss del 1906, dotato di un sistema particolare di raffreddamento della calotta per cui il vapore prodotto dal motore veniva immesso in camera di combustione (in pratica funzionava come una valvola termostatica), e un Fairbanks-Morse del 1920, testacalda molto simile al nostro Landini. Di categoria diversa, ma ugualmente unico, il motore stellare Continental del 1940, uno dei pochi a tanti cilindri (nove) nella collezione, famoso perché era montato sul carrarmato americano Scherman. Ma c'è qualcosa che Begnozzi vorrebbe, ma ancora non ha? «Avendo già la 10- comobile Bubba Ariete con raffreddamento a radiatore, non mi dispiacerebbe avere il modello a evaporazione sempre di Bubba». Ma soprattutto il sogno nel cassetto di Begnozzi è quello di riuscire a trovare un degno "ricovero" ai suoi pezzi, una specie di museo. «Sono assolutamente convinto che una collezione come questa meriti di essere valorizzata e una sua esposizione "ordinata" sarebbe l'ideale».
IL REPARTO LOCOMOBILI
Quasi tutte le locomobili collezionate da Begnozzi sono a testa calda e provviste di puleggia per la trasmissione tramite cinghia piatta alle macchine operatrici. E anche qui troviamo un mix di modelli italiani ed europei. Per quanto riguarda i primi, partiamo dalla classica locomobile testa calda Landini datata 1925, nel suo telaio originale, con sistema di raffreddamento a pioggia.ln collezione si trovano anche una Bubba con motore Ariete Fisso da 45 CV e un'altra locomobile con motore verticale testa calda, la T24 del 1924 dell'Ansaldo-San Giorgio, sempre a olio pesante. Queste locomobili hanno tutte la caratteristica di avere il serbatoio dell'olio combustibile in parte riscaldato (l'olio, infatti, era denso e aveva bisogno di essere fluidificato), serbatoio che nell'Ansaldo si trova sopra la vasca dove sale il vapore, mentre nella Landini, nell'DM e nella Claeys è collocato sopra il motore. A chiudere i modelli italiani segnaliamo l'DM della Mais di Suzzara da 23 CV: uguale alla Landini come caratteristiche generali, presenta un tipo di regolatore di giri particolare, chiamato "tutto o niente", per cui la pompa di iniezione peo fa fare tutta la corsa disponibile oppure, se va troppo forte, niente (nella Landini, invece, questo regolatore era centrifugo e consentiva anche "passaggi" intermedi). Arriviamo alle locomobili europee e dalla Francia troviamo la Aster, dotata di un particolare sistema di alimentazione con piccole gocce d'acqua per tenere in temperatura la calotta (altrimenti il motore anticipava troppo l'accensione), e il modello SD5 della Douge, sempre testa calda verticale. È inglese, invece, la Robey & C., da 18 CV, verticale, del 1920, costruita nella città di Lincoln, da cui venivano anche le Ruston. Robey & C. e Ruston erano inizialmente specializzate in macchine a vapore fisse e mobili, ma poi si concentrarono sui motori. Chiudiamo con il Belgio e l'equivalente delle nostrane Landini e DM, ovverosia una Claeys, marchio che si evolse in Claeyson e venne poi acquisito da New Holland. Leon Claeys era, infatti, di Zedelgem, dove ha sede l'attuale stabilimento delle macchine da raccolta di New Holland. Si tratta di un marchio caro a Begnozzi, dato che nel periodo di attività da terzista suo padre usava proprio macchine da raccolta Claeys. Last but not least ricordiamo anche l'R15 dell'ungherese Hscs (HofherrSchrantz- Clayton-Shuttleworth). F. B.