Rassegna stampa Soci

 
 

 

EMILIA, GERMANIA E ANCORA EMILIA

 

La collezione di Fiorenzo Bassi nel Piacentino vive di modelli nati nella “terra dei motori”. Con qualche excursus tedesco

 

• di Ottavio Repetti

 

Per una volta non parliamo (non soltanto, almeno) di trattori, ma anche di problemi dell’associazionismo. Naturalmente, con i trattori d’epoca sempre sullo sfondo. Lo facciamo grazie a Fiorenzo Bassi, che oltre ad essere un collezionista di Castell’Arquato è anche presidente della sezione trattori del Cpae (Club piacentino auto e motoveicoli d’epoca). Un club, dunque, o meglio una sezione del più popoloso club dei collezionisti di auto d’epoca di Piacenza.Mail fatto di essere una semplice sezione non “declassa” certo il ramo trattoristico del Cpae, il quale arriva a raccogliere quasi 70 affiliati, con una lenta, ma costante crescita negli iscritti. Per un totale, ci dice il presidente, di circa 400 trattori più o meno antichi, alcuni rari, altri più comuni. Tutti trattati coi guanti, ovviamente, come soltanto un appassionato può fare. Ma la passione non basta: occorrono le competenze, il tempo e, naturalmente, anche qualche strumento economico e logistico. Non a caso costi e logistica sono per l’appunto i maggiori nemici del collezionista.

 

Burocrazie, spazio e investimenti

«I principali problemi, per noi, sono lo spazio dove mettere le macchine e il costo dei trasporti – ci confermaBassi –. Per lo spazio c’è poco da dire: ce ne vuole parecchio e non tutti ce l’hanno. Allora si ricorre ad amici, ai vicini, a qualche cascinale prestato»; manco a farlo apposta troviamo, a casa di Bassi, una serie di trattori in bella mostra davanti alla siepe. Un’esposizione improvvisata? No: semplicemente l’indisponibilità momentanea di un portico prestato da un vicino. Sui costi c’è poco da dire: spostare macchine antiche per mostre, fiere o manifestazioni varie richiede mezzi (carrello e trattore, oppure un camion) e di conseguenza soldi. A meno che il luogo dell’appuntamento non sia vicino a casa; in quel caso ci si va in trattore. Ma non è sempre così facile. «Accendere una di queste macchine, con certe amministrazioni comunali può costare una denuncia. Purtroppo non sempre capiscono le nostre ragioni e il nostro spirito. Per fortuna non accade qui a Castell’Arquato, dove il sindaco ci guarda con occhio benevolo ed è sempre disponibile». Avere un’amministrazione “amica” è una fortuna. Permette, per esempio, di dar sfogo alla propria passione con passeggiate in trattore lungo i crinali e le campagne. «Una manifestazione che facciamo ogni anno il primo maggio e che raccoglie decine e decine di macchine. È un tour di una quindicina di chilometri che ci permette di far muovere un po’ le ruote delle nostre vecchie glorie. In fondo non chiediamo molto, soltanto di fare qualche giro ogni tanto, qualche aratura per rivivere un po’ i vecchi tempi. Manon ovunque è possibile. So di collezionisti che non possono accendere un trattore e non a caso alcuni di essi, soprattutto della Brianza e del Comasco, si sono associati qui da noi, per poter fare almeno qualche manifestazione». La sezione trattori del club piacentino, infatti, non affilia soltanto collezionisti piacentini. «Abbiamo diversi soci dalla provincia di Parma, dove non c’è un club analogo al nostro, e poi uno anche dal Torinese e alcuni dall’Oltrepò Pavese. Questi ultimi, tra l’altro, ogni anno organizzano una bella iniziativa: partono e si fanno 500 km in trattore, visitando una volta Venezia, un’altra il Monviso eccetera. Attaccano il carrello con la tenda e via: sono le loro ferie». Altra bella manifestazione, ci dice Bassi, è la mostrascambio della prima domenica d’ottobre a Castell’Arquato, un appuntamento che richiama centinaia di collezionisti e oltre 7mila visitatori e curiosi, grazie anche alla suggestione della cornice. Castell’Arquato, infatti, è un borgo rinascimentale completamente restaurato e senz’altro ricco di fascino. Infine, l’ultimo appuntamento fisso: il viaggio annuale all’estero. A vedere musei e collezioni di macchine agricole, oltre alle bellezze artistiche del posto. Lo scorso anno è toccato all’Ungheria e a Budapest, per esempio.

 

Tutto per un Vèlite

C’è, nella storia di ogni collezionista, un trattore che accende la scintilla. A volte è il primo, a volte uno scovato rocambolescamente, altre volte un modello lungamente cercato o ricostruito da zero, magari partendo da un telaio quasi spoglio. Per Bassi, tutto parte da un ricordo d’infanzia. «È un Vèlite di Landini, del 1943. Arrivò nell’azienda agricola dei miei che aveva già qualche anno, ed era di due anni più vecchio di me. Ci ho passato sopra tante ore e ce l’ho ancora, esattamente quello, perfettamente funzionante e in ordine». Tanto, spiega Bassi, da ottenere la targa dell’Asi, ovvero il riconoscimento che certifica l’autenticità storica della macchina. «Un imprimatur che non puoi ottenere se il tuo trattore non è conforme e originale in ogni dettaglio. Oltre al Vèlite, ho anche un altro trattore omologato: un Landini 30, del 1957, uno degli ultimi “testacalda” realizzati da quella casa». Sempre dello stesso costruttore inoltre, ricordiamo la Landinetta a 2 tempi del 1953. Di Emilia ce n’è davvero tanta nella collezione Bassi. «Logico: il cuore della meccanica, nel dopoguerra, era lì: da Piacenza a Carpi». E mentre lo dice, il presidente dei trattori d’epoca piacentini mostra una delle iniziative più belle del suo club: un libro sulla famiglia Bubba, storici costruttori di trattori e mietitrebbie di Santimento (Pc) che ogni collezionista di macchine agricole ricorderà certamente.

 

Hanomag, Kramer, Porsche e Steyr

Torniamo, però, a parlare di macchine. Uno dei pezzi più rari che ci mostra il nostro ospite è un Baraldi da 20 cavalli. «Lo costruivano a Mirandola, nel Modenese», ci spiega. E sempre emiliana era la versione su cingoli di un marchio assai noto nel passato: Hanomag. «Lo realizzava Galamini, su licenza Hanomag ed era specifico per il nostro paese, visto che in Germania il cingolato si usava pochissimo. In vita mia ne ho visti soltanto due: il mio e un altro. È una macchina da 35 cavalli complessivi, ma nonostante la potenza ridotta si usava per arature e altri lavori impegnativi. Del resto erano gli anni Cinquanta, le potenze erano ben diverse dalle attuali ». A casa di Bassi è anche possibile vedere l’Hanomag su ruote in versione originale: è un 425 di fine anni Cinquanta. Restiamo in Germania con il Kramer KB 17, una ditta che, all’epoca, costruiva anche motociclette. E ancora, un Allgaier Porsche AP22. Dalla vicina Austria abbiamo invece tre Steyr, uno dei quali risalente metà anni Quaranta con accensione a miccia (sigaretta). «Un esemplare piuttosto interessante: non se ne vedono in giro molti», ci spiega il proprietario. Infine, un Ferguson TE20 del 1952. Concludiamo, per campanilismo, con l’Italia. E precisamente con un Lugli Junior, trattore da fornace. «Lo usavano per il trasporto dei carrelli di mattoni, sia nei piazzali sia sui binari. Questo modello necessita di diversi interventi. Il cofano, per esempio, non è più originale e dovrò trovarne un altro. Anche le ruote non sono le sue. Ci vorrà tempo, ma il bello del collezionismo è questo». Il Lugli, spiega Bassi, era abbastanza diffuso. «Tuttavia oggi se ne trovano pochi, perché quando entrarono in vigore le regole sulla sicurezza del lavoro risultarono fuori norma e i proprietari furono costretti a demolirli. Erano macchine molto interessanti: dei “giocattolini”, di dimensioni davvero contenute (ricordano molto un trattore da giardino dei tempi nostri, ndr). Basti dire che per dargli un po’ di peso, facevano sedile e parafanghi in ghisa spessi mezzo centimetro». Il costruttore era, per l’appunto, Lugli, una ditta di Carpi. Siamo tornati in Emilia, da dove eravamo partiti: il tour può dirsi completo.

 

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