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IL TERZISTA INNAMORATO

 

Ezio Maurino è un agromeccanico torinese. Con una grande passione per i trattori d’epoca. E un debole per i testacalda

 

• di Ottavio Repetti

 

Capita spesso di visitare qualche azienda e trovarci, inaspettatamente, un po’ di macchine storiche. Ma a casa di Ezio Maurino, contoterzista di Bruino (To) la sorpresa è doppia, perché non di qualche trattore si tratta, ma di cento e passa pezzi d’epoca, quasi tutti già ristrutturati, alcuni da sistemare, tutti comunque funzionanti. Tranne quelli, ovviamente, ancora a pezzi e in attesa di revisione. Maurino è contoterzista e figlio di contoterzisti, per cui in azienda troviamo tante macchine nuove, tra le migliori sul mercato. Ma due capannoni e una lunghissima tettoia sono dedicate alla passione di Ezio, trasmessa in parte ai figli. Messi in bell’ordine, ammassati per ridurre al minimo gli spazi vuoti e ben protetti da teloni e coperture sul tubo di scarico vediamo Landini, Fiat, qualche John Deere a tre ruote, ma anche pezzi assai rari. In più vecchie trebbiatrici da aia e motori a vapore per le medesime. Insomma, un vero paradiso per gli appassionati del settore. Andiamo a scoprirlo assieme.

 

Le origini

Lasciamo a Maurino il compito di spiegarci la collezione. «In tutto sono un centinaio di pezzi, raccolti nel corso degli anni. Soprattutto a casa degli agricoltori. Il nostro lavoro di contoterzisti, in questo, ci favorisce molto. Visitiamo decine di aziende, vediamo i capannoni e le macchine, anche quelle dimenticate sotto un portico. Comunque, ce ne sono anche alcuni che ho portato a casa dalle fiere o scambiandoli con altri collezionisti». La passione, come capita spesso, è sbocciata negli anni, in modo quasi naturale, dal momento che fin dall’infanzia Maurino è stato in mezzo ai trattori. «Il papà era fabbro, trebbiatore e anche contoterzista. L’amore per la meccanica, così, è nato col tempo. Il contoterzista è innamorato delle macchine, sia delle nuove sia delle vecchie, e appena può ne aggiunge qualcuna al suo repertorio. Poi, quando ne hai un po’, cominci a voler cercare quella più rara o che ti piace per un qualche motivo. Da lì parte il collezionismo vero e proprio». Tante collezioni iniziano con le macchine che si hanno in casa, ovvero con quelle che, diventate troppo vecchie per lavorare, restano anni nel capannone, finché a qualcuno non viene in mente di rimetterle in sesto. «Purtroppo, nel mio caso non ho più i trattori di mio padre: sono finiti tutti alla demolizione.Aveva un Bubba che oggi avrebbe un certo valore e che sto cercando, tra l’altro. Lo vendemmo al ferrivecchi per 80mila lire, melo ricordo ancora”.

 

I pezzi rari

Nella scuderia Maurino non manca, come in ogni collezione che si rispetti, qualche rarità. «Uno dei più difficili da trovare è sicuramente il Landini Bufalo ci spiega che fu realizzato in un numero molto ridotto di esemplari, circa 150. Parliamo di parecchi decenni fa, quindi molti sono stati demoliti prima che si cominciasse a collezionarli. Così se ne sono salvati pochi. Poi ci sono gli Orsi, altro marchio piuttosto ricercato perché si tratta di un costruttore locale che non ha mai fatto grandi numeri, sebbene costruisse macchine di qualità. Ho un Astore, per esempio, che è molto difficile da trovare». Altro pezzo interessante è uno dei primi Fiat, che risale all’inizio del Ventennio. «È un 700, del 1925 o ‘26. Anch’esso non proprio comunne. Cambiando genere, abbiamo un Marshall cingolato, che peraltro abbiamo usato nell’estate del 2011 per un’aratura, constatando che se la cava ancora ottimamente ». Landini, come sempre, ha un ruolo di primo piano. «Ne abbiamo diversi, dai più piccoli testacalda al 55: una gran macchina da aratura, per quell’epoca. I miei preferiti restano i Testacalda: hanno un fascino senza tempo, c’è poco da fare». A proposito di preferenze, non possiamo non ricordare che una cosa è il valore storico (o di mercato, che in parte coincidono) e un altro quello affettivo o personale. Ci si può innamorare di un trattore perché lo si è visto da bambini, oppure perché, in modo quasi misterioso, scatta una scintilla. Maurino, per esempio, è un appassionato di Lombardini. «Sono macchine che non hanno un grande valore per i collezionisti, anche se non se ne trovano molti in giro. Tuttavia è un trattore che ha fatto anch’esso la sua parte nella meccanizzazione dell’agricoltura italiana e per questo merita il giusto riconoscimento ».

 

Piccoli, ma tuttofare

In fondo a uno dei capannoni trasformati in rimesse d’epoca troviamo una serie di trattori che, per dimensioni, ricordano le moderne macchine da giardinaggio. «Sono i Balilla ci spiega Maurino che risalgono alla fine degli anni Quaranta. A dispetto delle dimensioni, ci facevano lavori di tutti i tipi. Ho dei clienti, ormai un po’ avanti con gli anni, che mi raccontano di quando il loro papà andava a caricare il fieno con queste macchine. Sembra impossibile, oggi, che un trattorino così potesse fare certi lavori. Eppure ai tempi era normale e facevano davvero di tutto. Ovviamente, a un certo punto cedevano. Sempre questo cliente mi racconta che andavano a caricare il fieno nell’aeroporto e per uscire c’era una salita da fare. Il più delle volte dovevano legare due cavalli davanti al trattore perché se no non ne veniva fuori». Restando sulla taglia mignon, troviamo un altro pezzo insolito: dimensione da tosaerba e colore rosso fiammante. «Questo è il Rubino ci dice il nostro ospite e lo costruivano a Savigliano, in provincia di Cuneo, sempre nella stessa epoca più o meno. Penso che ne abbiano fatti, al massimo, una quindicina di esemplari. Funziona perfettamente e lo usiamo spesso in caso di manifestazioni particolari».

 

Gli esordi della trebbiatura

Oggi la famiglia Maurino, in società con i Sabena di Vigone (To) possiede una quindicina di mietitrebbie e fece notizia nel 2007, per averne acquistate otto in un colpo solo. «Avevamo parecchie macchine che si avvicinavano ai 10 anni di vita ci spiega Roberto Sabena e pertanto si fece quell’operazione un po’ insolita per l’Italia. Anzi, a quanto mi risulta resta una delle più grosse vendite di mietitrebbie mai realizzate nel nostro paese». Ezio Maurino, però, ha anche qualche trebbia (senza il prefisso “mieti”, dunque) sua personale: vecchie macchine da aia, in legno o le più recenti in ferro, azionate dai trattori attraverso l’impressionante quanto inquietante cinghia in cuoio. «Abbiamo sia la versione più vecchia sia quelle più recenti, che avevano incorporata anche l’imballatrice per la paglia. Ancora oggi, una volta all’anno le mettiamo in funzione e facciamo un po’ di rievocazione storica». Ne parliamo in queste stesse pagine. Ma quando il motore a scoppio doveva ancora fare la sua comparsa, le trebbiatrici giravano grazie al vapore. Ovviamente Maurino, da buon trebbiatore e figlio di trebbiatori, ha un paio di vecchi motori a vapore nel suo catalogo. Anch’essi restaurati, lucidati e in grado di fare ancora il loro lavoro.

 

FESTA DI TREBBIATURA

La campagna del grano, per un contoterzista, è una cosa seria. Si lavora dall’alba al tramonto e spesso anche oltre. Tuttavia Maurino si prepara, ogni anno, un certo numero di covoni alla vecchia maniera. La Sama, infatti, organizza in agosto una giornata di rievocazione storica presso la sua sede di Bruino. In quell’occasione, macchine nuove e antiche sfilano fianco a fianco per la gioia degli agricoltori di oggi e di ieri. «Facciamo la trebbiatura sull’aia - ci spiega Maurino - presentiamo le nuove macchine e, ovviamente, si mangia tutti assieme. È una bella festa, partecipano quasi tutti i nostri clienti». Ed è anche l’occasione, ovviamente, per esporre i pezzi migliori della ricca collezione Maurino, cosa che il diretto interessato fa con il giusto orgoglio. O.R

 

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